ALLA SCOPERTA DELLE LANGHE, DELLE SUE BELLEZZE NATURALI E DEI SUOI VINI.

“Terra da vino. Si chiama Piemonte” era uno slogan che compariva su manifesti e pieghevoli promozionali curati dal servizio turistico della Regione, una trentina di anni fa.

In realtà il Piemonte è molto di più. Se si eccettua il mare, da cui lo separano le Alpi Liguri e l’Appennino, quasi tutti gli ambienti vi sono rappresentati: dai ghiacciai alpini alle sponde “mediterranee” del Lago Maggiore; da vette che sfiorano (e superano) i quattromila metri alle pianure allagate dove si coltiva il riso; dai deserti d’alta quota alle dolci colline vinicole del Monferrato e delle Langhe. La varietà coinvolge non soltanto il paesaggio, ma anche le genti, le civiltà e le lingue. Qui l’interazione tra l’uomo e il suo ambiente è costantemente e tangibilmente sperimentabile.

Vigneti tra Monforte e Barolo.

Nelle Langhe, cultura è anche sinonimo di cucina e vini: è un territorio che prima di essere fotografato deve essere vissuto, annusato, assaggiato. Il tenue profumo del mosto che aleggia nell’aria in autunno, il sentore sottile della neve che ricopre d’inverno le vigne addormentate, i sapori veraci di una cucina nobile e semplice al tempo stesso, fatta di raffinatezze da corte sabauda incapaci tuttavia di dissimulare le proprie radici popolari e contadine.

Vigneti innevati in inverno a Farigliano. Sullo sfondo le Alpi Marittime.

Annusare, assaggiare. In ben poche regioni questi due verbi si caricano di significato come nelle Langhe. Una terra collinosa, argillosa, ineguale, che a uno sguardo superficiale può apparire dolcemente ondulata ma in realtà faticosa, erta ed aspra per chi ci lavora ogni giorno, caricandosi a spalle le gerle dell’uva perché oltre una certa pendenza il trattore mica ce la può fare.

Terra arata tra Novello e Barolo.

Una terra di storia e castelli, di nobili famiglie e servi della gleba, dove oggi le ville dei grandi produttori si affiancano, appena al di là della strada, alle cascine rimaste come un tempo, abitate da gente che fatica, perché da quella parte della strada, che fa da confine, quello stesso vitigno non può più chiamarsi Barolo, ma soltanto Nebbiolo, nobilissimo, per carità, ma ovviamente meno remunerativo.
Mentre l’Alta Langa è caratterizzata da boschi di castagni e noccioli (da qui provengono le pregiate nocciole Piemonte) e da una natura più selvaggia, il paesaggio della Bassa Langa è dominato dai filari delle viti, dai villaggi e dai castelli arroccati sul colmo delle alture, dalle bianche strade che percorrono i crinali e dai boschi dove si nasconde uno dei tesori di questa terra: il tartufo bianco di Alba.

Il tartufo è un fungo ipogeo che si sviluppa spontaneamente tra le radici di alberi e arbusti, specialmente querce e lecci. In ottobre nella città di Alba si celebra la fiera internazionale dedicata al prezioso tubero: un evento che richiama visitatori da tutto il mondo e che fa da cornice a manifestazioni di vario tipo, tra le quali il celebre Palio degli asini, oltre a mercati dove è possibile gustare i prodotti del territorio.

La Fiera internazionale del tartufo bianco di Alba si svolge ogni anno tra ottobre e novembre: cinque settimane di eventi culturali e gastronomici, rievocazioni storiche, gare sportive, mostre e mercati (tra cui, appunto, quello del tartufo, che attira visitatori e celebrità da tutto il mondo). Il mercato del sabato costituisce una pittoresca e ricca occasione fotografica per gli appassionati.

Barolo ospita ovviamente numerose enoteche, dove è possibile gustare i prodotti del territorio (non solo vino), oltre al curioso Museo del cavatappi. Dalla spianata del castello, lo sguardo si perde tutt’intorno tra colline e vigneti, fino alle lontane Alpi. Qui la natura è plasmata… no, accarezzata dall’uomo, che da secoli la nutre e la rispetta.

Nella stanza sotterranea più nascosta e segreta, direttamente scavata nel terreno tufaceo, riposano le bottiglie più pregiate e i barrique destinati alla maturazione dei vini più nobili. La moda del vino “barricato” (cioè maturato nelle piccole botti chiamate – appunto – barrique) si è diffusa piuttosto di recente e risponde alle richieste di chi apprezza vini dall’aroma intenso e dal gusto morbido ed equilibrato, caratteristiche dovute ai tannini e ad altre sostanze che il legno della botte (solitamente di rovere, ma anche di robinia o ciliegio) cede al vino. La lunga maturazione, unita alla necessità di rinnovare ogni anno le botti (che possono essere usate una sola volta) giustifica il maggiore costo di questi vini.

Tutto questo sono le Langhe, la terra di Pavese e Fenoglio, di castelli e sbandieratori, ma anche e soprattutto di lotte partigiane.

Michele Vacchiano © 12/2013
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Questo servizio è stato premiato nell’ambito del Premio Nazionale “Green Ribbon 2013” come miglior servizio fotografico e giornalistico tra quelli partecipanti.